La Traviata in bottega


Sarti, fabbri, falegnami, muratori, calzolai e altri piccoli artigiani e commercianti, integravano e completavano la società contadina. Le loro botteghe erano anche ritrovo giornaliero dei paesani che non frequentavano le cantine.

Gli artigiani erano tanti, ma il lavoro mancava. Così, per guadagnarsi la giornata, il sarto impagliava le sedie, il calzolaio ramazzava in chiesa, il barbiere cavava i denti e tutti, d’estate, strimpellando una tromba, un clarino o un trombone formavano una piccola banda, buona per accompagnare il santo in processione.

Un anno cadde tanta di quella neve che paralizzò il paese per moltissimo tempo. Si dice che non tutti i mali vengono per nuocere, perciò di tale situazione approfittarono gli artigiani per dare vita ad una banda che, nelle intenzioni, avrebbe potuto rivaleggiare con la famosa Banda Rossa di San Severo.

Giovanni Ferrara, secondo alcuni il miglior maniscalco della provincia, un tipo estroso e megalomane, si mise in testa che i suoi colleghi artigiani dovessero provare presso la sua bottega, tutti i santi pomeriggi, per dare anche loro un concerto in piazza, la vigilia dell’Incoronata. Addirittura propose che concertassero la Traviata di Verdi.

Era pur vero che molti di loro la canticchiavano o fischiettavano a memoria, quotidianamente, mentre erano assorti nella pratica del loro mestiere, ma avventurarsi in tale impresa, a molti, sembrò pura follia. A sconsigliare mastro Giovanni furono proprio gli stessi mastri-musicisti che erano ben consci dei loro limiti artistici. Invece, il cocciuto mastro Giovanni, da semplice capo banda, volle addirittura calarsi nei panni del direttore d’orchestra, che nei movimenti veloci della bacchetta, ricordava Toscanini.

Per incitare gli amici, asseriva che in fondo, se pure andava male, nessuno poteva rimproverarli di niente, perché il concerto sarebbe stato gratuito. Inoltre, assicurava, solo loro, gli artigiani, unitamente a qualche galantuomo, conoscevano a memoria l’opera. Cosa ne capivano i poveri cafoni del melodramma verdiano?

Invece proprio i cafoni, la sera dell’attesa esibizione, avendo avuto modo di ascoltare per tutti quei mesi di prova le stonature incredibili che provenivano dalla bottega di mastro Giovanni, si appostarono, dietro la cassa armonica, coi loro strumenti rudimentali, attendendo con impazienza di rivaleggiare con gli artigiani.

Non dovettero attendere molto. Già nelle prime battute del preludio, la tromba di mastro Nicola, apprezzato ciabattino, oltre che andare fuori tempo, inciampò in un do acuto, ma tanto acuto, che alle orecchie del pubblico presente risuonò come la più offensiva delle pernacchie. Neanche la tromba di latta di Vincenzo il banditore era mai arrivata a tanta stridula stonatura.

Fu allora che entrò in scena l’altra orchestra, quella dei cafoni. Armati di struculatore, barili, tric trac, raganelle, tielle, coperchi e cottore di rame, nonché di alcuni potenti bufù, diedero inizio a un assordante controconcerto, che annichilì del tutto i mastri concertatori, che da quella sera tornarono a fare solo i mastri e basta.

(il figlio del fornaio)

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13 commenti su “La Traviata in bottega

  1. Paesanino il said:

    Frans Hals (Dutch, 1581/83-1666) The Rommel-Pot Player c. 1618-22 Oil on canvas 41-3/4 x 31-5/8 in. (106.0 x 80.3 cm)

    Frans Hals (Dutch, 1581/83-1666) The Rommel-Pot Player c. 1618-22 Oil on canvas 41-3/4 x 31-5/8 in. (106.0 x 80.3 cm)

  2. anonimo il said:

    Dopo il bufù a braccio, dell’illustrazione precedente, inserisco le foto di qualche altro strumento musicale “improprio”, conservato nel mio Museo Etnografico, in Via Roma a Toro



    Tritacche in uso nella settimana santa



    Tielle e posateria di legno da usare come strumenti assordanti vari

    Vincenzo Colledanchise

    Vincenzo Colledanchise

  3. bucciadimela il said:

    Una storia simpatica, in cui la freschezza la vince sulla presunzione fanfarona. C’è proprio tutto un mondo, in questi racconti. Grazie per il piacere di poterli leggere.

  4. lavelle il said:

    Complimenti, è un racconto molto bello e simpatico.

    Ciao a tutti e buona settimana

    Massimo

  5. GiMascia il said:

    Ho letto e apprezzato molto lo scoppiettante racconto dei mastri-musicisti, che mi ha fatto tornare alla mente il frastuono infernale della “Scurdata”.

    Nel complimentarmi, volevo chiedere al figlio del fornaio (e al Paesanino e a chiunque): è la prima volta che sento nominare il protagonista di questa storia, Giovanni Ferrara, di professione maniscalco con il pallino della musica. Mi piacerebbe saperne di più, tenendo presente che è a tutti noto che il creatore della rinomata Banda di Toro nei primi Anni Venti fu un altro Ferrara, il brillantissimo medico e avvocato e sindaco don Ciccio Ferrara, nipote di un don Giovanni Ferrara, che non “ferrava ciucci” ma svolgeva il lavoro di ufficiale postale, senza peraltro coltivare velleità artistiche di nessun genere.

    Grazie e cordialissimi saluti

    Giovanni

  6. Anchise1 il said:

    Dei tanti cimeli avuti dal suocero, si annovera una fotografia di Giovanni Ferrara che lo vede magro e baffuto, unitamente ad una cartolina postale del 1892, a lui indirizzata da un pastore di Casalnuovo, per informarlo delle vendita di fruste, realizzate “con pelli di cane e anima di bufalo”.

    Alla mia curiosità di sapere chi fosse il Ferrara, il suocero replicava raccontandomi alcuni aneddoti, come quello descritto nel racconto, per metterne in evidenza il carattere fantasioso dell’uomo e la sua megalomania.

    Il figlio del fornaio ha appreso da me tale racconto.

    Anchise1

  7. pitrusina il said:

    curioso il tuo blog!!!

    una sbirciatina veloce ed un saluto intenso per questo giorno così romantico!!!

  8. BibliotecadeBabel il said:

    La mitica Banda Rossa! Che poi non sarebbe stata la sola da fronteggiare, in quel di San Severo… Altra cosa: anche la tiella è strumento “improprio”, vero? Roba da cucina, patate riso cozze e funghi, insomma? E quelle tritacche, indicate come strumento della Settimana Santa, “tecnicamente” mi ricordano le tracolle in uso ai Perdùne di Taranto, il venerdì santo (che assumono infatti il nome di tracollanti, e lo strumento “improprio non è altro che un’asse di legno cui sono attaccati sonagli di varia forma).

    Ciao caro Paesanino, avevo un po’ di arretrato ma mi sono ampiamente rifatta, ho preso appunti e mediterò. 🙂

  9. figliodifornaio il said:

    Ringrazio gli amici per gli apprezzamenti, ringrazio il Paesanino per l’ospitalità. Confermo a G.Mascia quanto asserito da Anchise1.

  10. Paesanino il said:

    GiMascia #6: ci tengo a dire che ho manifestato a suo tempo gli stessi tuoi dubbi al figlio del fornaio.

    BibliotecadeBabel #9: tempi interessantissimi quando sul finire dell’Ottocento a San Severo si fronteggiavano artisticamente (ma anche politicamente) la mitica Banda Rossa (di ispirazoine socialista) e la Banda Bianca (di ispirazione cattolica).

    Sugli strumenti “impropri”, tecnicamente “idiofoni”, della Settimana Santa, e sui riti che ne prevedevano l’uso, ha scritto un bel libro l’amico Giovanni Mascia: Le tenebre nel Molise. Liturgia, lessico e folclore in un antico rituale di Pasqua, Campobasso 2001.

    Saluti a tutti.

  11. anonimo il said:

    Caro “figlio del fornaio”,

    il tuo racconto è straordinariamente gustoso e divertente, come tutti quelli che hai pubblicato su questo blog.

    Secondo il mio modesto parere, c’è però una caratteristica che lo differenzia decisamente dagli altri; qui si racconta infatti una vicenda che sembra essere solo frutto della tua fantasiosa vena creativa.

    Vi trovo più di qualche forzatura, poiché dopo la bellissima prima parte introduttiva, che descrive con maestria gli artigiani-musicanti, la seconda, è costituita da una serie di paradossi, creati appunto dalla tua spiccata fantasia.

    Un saluto affettuoso da un torese curioso

  12. figliodifornaio il said:

    Caro Torese curioso, grazie per gli apprezzamenti. I miei racconti, scrivi, “sono gustosi e divertenti”.

    Se hanno tale caratteristica, ti chiedo, sarebbe poi cosa grave e imperdonabile, ricorrere alla “spiccata fantasia” ?

    Non offendendo nessuno,nessuno può lanciare anatemi. Mi sia permessa pure qualche forzatura per … ” Un pò per ridere e un pò per non morire”.

    Ricambio i saluti con affetto.

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